
01 Ago Educare al desiderio: oltre la pornografia
Educare al desiderio: oltre la pornografia e la paura del fallimento per ritrovare intimità e relazione
Sessualità giovanile: un terreno complesso e frammentato
Negli ultimi anni, parlare della sessualità giovanile è diventato sempre più complesso e frammentato. In un’epoca dominata da modelli iperperformativi, immagini sovrastimolanti e aspettative irrealistiche, molti giovani si avvicinano alla sessualità con un misto di curiosità, ansia, confusione. Quello che emerge in maniera lampante è una tensione crescente tra il desiderio autentico, quello della relazione e del contatto umano, e le rappresentazioni artificiali e distorte offerte dalla pornografia, dai social media e da una cultura centrata sul risultato, sulla prestazione, sul “fare bene” e sulla cultura dell’immagine.
Questo scenario produce conseguenze profonde: in molti adolescenti e giovani adulti, l’esplorazione della sessualità avviene sotto il peso di un copione rigido e impersonale che incarna tali standard e, così, l’esperienza sessuale può diventare facilmente una prova da superare, un territorio dove il fallimento può essere vissuto come una sconfitta personale. Le prime esperienze, cariche di potenziale emotivo e trasformativo, si svuotano del loro significato umano e relazionale per ridursi ad una semplice performance. Non sorprende che negli ultimi anni sempre più ragazzi e ragazze riferiscano ansia da prestazione, disinteresse sessuale o fatica a costruire un legame intimo e autentico.
La pornografia come modello distorto di sessualità
La pornografia, parallelamente, oggi accessibile con pochi clic, propone un modello di sessualità standardizzato, centrato sul corpo, sulla tecnica, sulla dominazione e sull’efficienza erotica. Un modello nel quale non trovano posto le componenti relazionali e affettive. Ciò che colpisce di più non è tanto la natura esplicita di questi contenuti, quanto la loro capacità di insinuarsi come forma mentis, come idea sottesa di cosa il sesso debba essere.
L’effetto, spesso, è una crescente distanza tra il piacere fisico e la connessione emotiva, tra il desiderio e l’intimità. Il sesso viene vissuto più come una rappresentazione da imitare che come un’esperienza da costruire, a due, nel rispetto della reciproca vulnerabilità.
Educare al desiderio: un approccio relazionale e consapevole
Oltre la tecnica: il senso della sessualità
È in questo contesto che parlare di educazione al desiderio diventa fondamentale. Non si tratta di aggiungere nozioni tecniche o informazioni biologiche spesso già presenti e disponibili ma di offrire uno spazio di riflessione sul senso della sessualità. Che cosa desidero davvero? Come posso accogliere l’altro o l’altra senza sentirmi sotto esame? Domande semplici solo in apparenza, ma che aprono a un lavoro interiore profondo, dove la sessualità torna a essere terreno di incontro e scoperta, non solo un test da superare.
Il valore della lentezza e del fallimento
Educare al desiderio significa allora aiutare i giovani a riconoscere i propri bisogni affettivi, a distinguere tra attrazione e pressione, tra impulso e scelta consapevole. Significa offrire parole nuove per nominare ciò che spesso resta confuso, taciuto o ridotto a cliché. Significa anche legittimare la lentezza, il dubbio, il timore, il fallimento, come parti integranti del percorso di crescita emotiva e relazionale.
In questo modo, si può restituire il vero significato a un’esperienza che riguarda non solo il corpo, ma l’identità, la fiducia e la capacità di entrare in relazione. Per farlo è necessario uscire dalla logica prestazionale e riaprire lo spazio della vulnerabilità, dell’intimità, intesa non solo come atto fisico, ma come disponibilità a farsi vedere e conoscere per come si è.
Riaprire lo spazio dell’intimità
Questo richiede tempo, ascolto, presenza ma soprattutto richiede capacità di accompagnare, senza giudizio e con curiosità, le domande e le incertezze dei più giovani. Senza censura, senza timori, senza fornire risposte preconfezionate, creando ambienti sicuri di scambio dove si possa imparare che il desiderio non è un copione da seguire, ma un linguaggio da scoprire.
Solo così sarà possibile uscire dalla gabbia del “dover essere” o “dover fare”, restituendo all’esperienza sessuale la sua dimensione più umana: quella dell’incontro. Un incontro che non chiede perfezione, ma presenza. Non efficienza, ma autenticità. Un incontro in cui il desiderio non è qualcosa da esibire o temere, ma da vivere insieme.
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