Attaccamento e sessualità: ambiti motivazionali uniti o separati?

Attaccamento e sessualità: ambiti motivazionali uniti o separati?

Nella vita di una coppia gli ambiti motivazionali dell’attaccamento e della sessualità possono convivere armoniosamente o vengono vissuti in modo separato?
Mi sono posta questa domanda osservando alcuni miei pazienti nei quali la dimensione del desiderio e dell’amore sembravano essere disgiunti.

Rammento una paziente che mi diceva che non riusciva a decidere tra due uomini, per uno provava amicizia ma anche stima e fiducia , per l’altro eccitazione ma senza provare sicurezza.

Oppure una paziente, sposata da molti anni che era profondamente legata al marito e che non avrebbe visto nessun’altra figura migliore come padre per i propri figli ma che non era per nulla attratta fisicamente da lui.

Nel marito vedeva gli aspetti affettivi materni che non aveva potuto adeguatamente coltivare, a causa del rapporto conflittuale con la madre e ad un sistema della famiglia d’origine fallocentrico. Tuttavia il desiderio sessuale per il compagno era completamente compromesso e per questo aveva un amante da due anni.

Un altro paziente non provava alcuna attrazione per la moglie ma contemporaneamente la viveva come figura d’attaccamento con funzioni di Io ausiliario- organizzatore. L’uomo non era attratto sessualmente dalla moglie perché era stata inconsciamente identificata con la madre e viveva nella moglie aspetti intrusivi ed invadenti della madre ma che in realtà appartenevano più alle sue relazioni passate , da cui faticava a staccarsi.

Questi esempi clinici sottolineano il contrasto tra il desiderio ,che tende all’avventura e al piacere, e l’amore che tende alla stabilità, la sicurezza e la protezione, che finiscono poi per tramutare l’amore in un affetto privo di desiderio.

Tutto ciò mi fa pensare alla condizione di ”impotenza psichica”, postulata da Freud, quando parla degli uomini che “dove amano non provano desiderio e dove lo provano non possono amare”, a causa della mancata risoluzione del complesso edipico e della rinuncia della madre come oggetto sessuale.

Ma è proprio così che il desiderio e l’innamoramento sono condizioni separate e contrastanti della vita affettiva?

La mia posizione è in realtà più vicina a quella dei teorici dell’attaccamento, secondo i quali è proprio l’attaccamento il filo rosso che tiene legati i partner di una coppia, secondo un processo, il processo dell’attaccamento, che porta gli amanti e poi i coniugi a provare, nelle varie fasi del rapporto, particolari emozioni (tra cui anche il gioco della seduzione e della trasgressione, che spesso non rientrano nel ménage di coppia ufficiale, ma che è utile per uscire dalla routine attivando la schermaglia erotica), tutte funzionali al buon andamento della relazione e necessarie per il loro benessere.
Essi mettono in primo piano la qualità dell’ attaccamento primario vissuto e interiorizzato (sicuro, evitante, ambivalente) in base al quale si sviluppa una sessualità più o meno fiduciosa.
Per “sessualità fiduciosa” intendono la convinzione di poter raggiungere e sviluppare l’attaccamento in età adulta attraverso le relazioni sessuali, incorporando sentimenti sia di amore come di desiderio. Per converso nella “ sessualità disperata” c’è l’assenza di tale fiducia, intaccata dai fallimenti dell’attaccamento nel presente e nel futuro predispone ad una sessualità caratterizzata da autoerotismo e sadomasochismo.

Ricordo un mio paziente di nome Andrea che aveva avuto una buona esperienza di attaccamento materno e che mi raccontava che, quando aveva paura , piangeva e cercava la madre aggrappandosi a lei, senza sentirsi a disagio per questa sua vulnerabilità. Infatti la sua mamma riconosceva immediatamente le sue richieste e accorreva con prontezza: “era sensibile e responsiva” (direbbe Mary Ainsworth, la studiosa che ha dato evidenza empirica alla teoria di Bowlby).

Queste buone esperienze primarie fanno interiorizzare una rappresentazione mentale della madre come di un qualcuno di cui fidarsi, pronta ad accorrere e di conseguenza un modello di sé come persona degna di essere amata e confortata. Andrea bambino e poi adulto quindi “sa” e “si aspetta” che, visto che lui è amabile, anche gli altri saranno disposti ad attribuirgli grande valore e a rinfrancarlo nei momenti di difficoltà.

Altra funzione importante per lo sviluppo di una sessualità sana e armoniosa è la capacità del “caregiver“ di riconoscere, accogliere e contenere gli impulsi sessuali dell’infante affinchè vengano integrati nel sé.
Quando vi è un deficit di rispecchiamento da parte dell’adulto l’eccitazione sessuale nella mente del bambino può venire associata ad un senso di assenza e quindi non integrarsi in modo armonico ed evolvere.

La competenza del “caregiver”, capace di accogliere gli aspetti vulnerabili e di eccitazione sessuale dell’infante, permetterà al futuro adulto di esprimere all’interno delle sue relazioni sentimentali la dimensione sia del desiderio sia del legame, perchè già riconosciuti ed integrati nella relazione madre-bambino nell’infanzia.

D’altro canto la coppia di carattere sadomasochistico, espressione della “sessualità disperata” è finalizzata invece alla fuga dai conflitti legati ai bisogni di dipendenza, reciprocamente impegnativi ed appaganti, in virtù di un accordo in cui potenza ed impotenza costituiscono invece la moneta emotiva di scambio tra i partner.
Ciò permette loro di garantirsi un genere di certezza che non sarebbe possibile qualora confidassero nell’amore, che paradossalmente sarebbe troppo fragile per proteggere la coppia dall’attacco portato dagli stessi partner; i partner dunque entrano in una relazione che tenta di dominare le ansie primitive legate ai loro rapporti primari disfunzionali , attraverso la creazione di scenari fisici ed emotivi che vincolino e incanalino la loro aggressività, tenendoli legati in un rapporto malato, ma pur sempre un rapporto.

Ci sono molti motivi per cui gli individui possono subire la sostituzione dell’amore con il potere e molti modi di gestirla all’interno della relazione di coppia.
Carenze o violazioni nella relazione precoce tra madre e bambino costituiscono un possibile fattore, un altro il trauma, come l’abuso sessuale.
Infine possiamo menzionare le delusioni ripetute nelle relazioni amorose che si verificano nell’adolescenza in poi che possono influenzare l’equilibrio tra aggressività, potere, amore e odio.
Chiaramente la relazione di coppia adulta offre la possibilità di riparare il danno relativo alla capacità d’amare ma anche l’opportunità di ripetere più volte il trauma originario, apparentemente come una forma di dominio, ma in realtà come schiavitù.

Ricordo una coppia che è venuta in terapia e che era in grado di esprimere il proprio amore attraverso delle modalità sadomasochistiche, che allentavano le ansie legate ad una vicinanza emotiva ed intimità che non erano in grado di reggere e che li avrebbe destabilizzati e resi instabili. Nel corso della terapia si è potuta costruire una fiducia di base , una base sicura autenticamente affettiva, che ha permesso loro di separarsi e di riconoscersi come soggetti differenti e di valore, riscattandosi dalle loro esperienze dell’infanzia dove invece erano stati trascurati nei loro bisogni essenziali per formare il loro sè.
La coppia è evoluta a modalità di dipendenza più gratificanti , autentiche e dinamiche, dove entrambi finalmente si riconoscevano nella loro interezza senza avere il terrore di essere abbandonati.

Naturalmente ci sono delle differenze individuali nella capacità d’intrecciare ed integrare in modo più o meno armonioso gli ambiti della sessualità e dell’attaccamento.

Un fattore essenziale sta nella capacità dell’individuo di passare dalla figura genitoriale originaria al partner attuale come figura di attaccamento.
E‘ indubbio che nel corso dello sviluppo normale trasferiamo progressivamente il nostro attaccamento dai genitori ai coetanei, processo che generalmente culmina con l’eleggere il partner a figura d’attaccamento.

Quanto più la relazione d’attaccamento primaria sia rimasta irrisolta, cosa caratteristica dell’attaccamento insicuro, tanto più si reagirà al partner come ad un sostituto materno e quindi tanto meno si sarà capaci di vivere il partner come figura sessuale. Viceversa quanto più si è stati capaci di risolvere la relazione di attaccamento precoce, tanto meno la relazione attuale sarà contaminata da reazioni e modelli passati.

Questo delicato passaggio evolutivo è più o meno facilitato dal tipo di attaccamento interiorizzato.

Gli individui con uno stile di attaccamento sicuro più probabilmente hanno risolto i loro problemi di attaccamento con i genitori ed hanno compiuto il passaggio evolutivo dai genitori al partner come figura d’attaccamento. Per questo saranno meno inclini ad equiparare inconsciamente il partner ad una figura genitoriale e perciò a reagire al partner sul piano sessuale come se fosse un oggetto incestuoso proibito.

Per contro gli individui evitanti e invischiati reagiscono al partner attuale come se fosse una figura d’attaccamento.

Gi individui evitanti reagiscono in maniera difensiva al partner, come se fosse rifiutante e/o intrusivo, allo stesso modo con cui hanno sperimentato le figure genitoriali primarie .
Ci si dovrebbe aspettare che a causa di questa equazione inconscia tra partner attuale e figure genitoriali l’individuo con uno stile d’attaccamento evitante abbia grandi difficoltà ad integrare sessualità e attaccamento. Vi è un gran numero di evidenze empiriche che dimostrano che gli individui con attaccamento insicuro tendono a separare le emozioni sessuali da quelle relative all’attaccamento, con grande difficoltà di vivere un’intimità emotiva e una relazione romantica. Difatti tendono ad essere gelosi dell’infedeltà fisica piuttosto che di quella emotiva (Fonagy e Noller, 1990).

A questo riguardo ricordo le esperienze infantili che Stefano, un mio paziente mi ha raccontato in terapia: quando da bambino si faceva male , era in pericolo o aveva paura la madre rifiutava sistematicamente il suo bisogno di essere confortato. Gli diceva che non doveva piangere, che era un ometto e che gli uomini non piangono. Ma Stefano era solo un bambino.
Nel migliore dei casi la madre ridicolizzava le sue paure e le sue richieste.
Confrontandosi con un materno non accogliente Stefano comincia così a mettere in atto comportamenti di falsa autonomia, a negare a se stesso, alla madre e poi a tutti gli altri i suoi bisogni di conforto. Questo stile d’attaccamento porta Stefano a focalizzarsi sulle prestazioni e sulla competizione.
Nelle relazioni amorose non si fa coinvolgere, per lui l’amore non esiste. Ha elaborato un falso sè , un sè grandioso. le sue relazioni sono intensamente sessuali ma non affettive e comunque ha bisogno di cambiare spesso.

Stefano sceglie come partner persone con modelli simili al proprio: ragazze evitanti/distanzianti come lui che non pongono richieste affettive che non è in grado di soddisfare e che non richiedono un’intimità che lo porrebbe a disagio. Alcune volte tuttavia sceglie partner ambivalenti/invischiate perché queste si fanno carico del mantenimento della relazione, lo inseguono quando fugge anche se sono pronte a trattarlo male quando torna: spesso è con questo tipo di donne che le sue relazioni affettive durano.
Stefano in pratica si ritrova con ragazze che gli ripropongono lo stesso trattamento avuto dalla madre. Le ragazze evitanti/ distanzianti come lui gli riservano la stessa freddezza che ha ricevuto da piccolo; quelle ambivalenti/invischiate , quando scaricano su di lui la loro rabbia, per essere state tenute in sospeso, gli ripropongono quel modello di figura affettiva, cui è stato improntato che lo svaluta , lo ridicolizza e lo disprezza.

Gli individui con attaccamento invischiato/ ambivalente tendono a reagire al partner come se fosse una figura genitoriale. Si aspettano incoerenza e inaffidibilità nella disponibilità della figura d’attaccamento attuale così come succedeva con la figura genitoriale primaria.
Nella misura in cui compiono un’identificazione inconscia tra il partner e la figura genitoriale anche loro faticheranno ad integrare sessualità ed attaccamento e soffriranno di angosce abbandoniche.

Ho un paziente, Mario, che è stato amato dalla propria madre in modo intermittente, a volte sì e a volte no, in base ai suoi umori. Ha interiorizzato, quindi, una figura d’attaccamento inaffidabile, da amare e odiare allo stesso tempo.
Mario tende a vivere più storie d’amore, ma è sempre legato alla famiglia d’origine, con la quale ha un rapporto molto conflittuale e vischioso.
Nelle sue relazioni tende ad essere soggetto ad un rapido coinvolgimento, facendosi travolgere da stati di esaltazione amorosa e di passione. Il bisogno di simbiosi è così forte che non si accorge di come stia idealizzando la partner del momento. Tuttavia tende a scegliere donne inaffidabili, non disposte ad impegnarsi. Rimane sempre nella fase dell’innamoramento. La sua ansia da separazione è vissuta sempre all’estremo. La possibilità di vivere un rapporto continuativo improntato sulla sicurezza è una possibilità per lui sconosciuta perchè incapace di tenere ed avere fiducia nell’altro e quindi nella relazione.

Ma come avviene la scelta del partner?
Intrigante l’ipotesi di Eagle e Bateson che propongono la scelta di un compagno sulla base di una somiglianza ottimale con i membri della famiglia, permettendo tanto i sentimenti sessuali che quelli dell’attaccamento. Essa rende conto dell’evitamento dell’incesto e dei sentimenti di agio perchè il partner è vissuto come familiare.
E’ più probabile che gli individui con attaccamento sicuro operino scelte basate sulla somiglianza ottimale, mentre gli invischiati/ preoccupati partner molto simili ai membri della famiglia mentre quelli evitanti molto diversi. Certamente il problema non è solo legato al reale grado di somiglianza con i membri della famiglia ma anche quanto simile o diverso viene vissuto il partner o la partner dall’individuo.

Anche in relazione a ciò la somiglianza ottimale può costituire la base migliore per la scelta del partner in quanto un partner con somiglianza ottimale è abbastanza simile alle figure genitoriali da riattualizzare antichi modelli ma anche abbastanza diversa da permettere una differenziazione dai vecchi modelli e lo sviluppo di una relazione più fresca e gratificante.

Concludendo nelle relazioni adulte sostanzialmente si tende ad instaurare legami nei quali sessualità ed attaccamento sono fortemente influenzati dalle esperienze che ciascuno di noi ha fatto da piccolo con la propria figura d’attaccamento.

Tuttavia esse non sono deterministiche in se stesse ma possono dar luogo anche ad esiti diversi in relazione alle opportunità relazionali che la vita offre – e che la coppia sa cogliere e vivere -, o alla possibilità di riflettere con intelligenza sulle proprie esperienze, soprattutto disfunzionali, facilitando processi di individuazione, differenziazione e cambiamento che aiutino a costruire una vita affettiva e sessuale più armoniosa, dinamica e felice.

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