Il rischio suicidario ai tempi del covid

Rischio suicidiario durante il covid

Il rischio suicidario ai tempi del covid

La pandemia ci ha messo davanti a un mondo nuovo prodigo di sfide che riguardano ambiti essenziali, primo fra tutti quello della salute.

Tutti i campi sociali sono stati interessati dalla crisi economica scaturita dal Covid-19, che ha portato alla perdita del lavoro, al crollo del potere d’acquisto e intaccato le risorse economiche delle famiglie.

Le conseguenze con il lockdown sono state però quelle dell’isolamento, della paura, del crollo della speranza e per tanti, troppi, si è arrivati ad una condizione psicologica estrema, tanto da aumentare la possibilità di rischio di suicidio.

Per chi non ha retto allo stress e alla mancanza di un orizzonte possibile togliersi la vita è rimasta purtroppo l’unica scelta.

Il rischio di suicidio durante la pandemia

Il groviglio di emozioni che nel mondo è stato sperimentato da chi improvvisamente si è trovato a combattere contro un nemico invisibile ha visto un cambiamento nel tempo.

 

Si è passati dal darsi coraggio cantando dai balconi alla tristezza e alla solitudine dell’impossibilità di essere liberi di uscire di casa.

 

Gli altri sono diventati la “minaccia” potenziale alla propria salute e tanti altri, come il personale medico-infermieristico e i ragazzi che hanno continuato a vicende alterne ad andare a scuola, sono stati oggetto di stigma e considerati “untori”.

La questione sociale , che si è venuta a creare con il passare del tempo, ha materializzato una paura conscia e anche istintiva rispetto alla malattia e all’impossibilità di difendere la propria vita e quella dei propri cari.

La chiusura delle attività lavorative ha gettato nella disperazione tanta gente, che ha affrontato lo spettro della povertà, della perdita della casa e di tutto quello che era riuscita a conquistare con anni di sacrifici.

Le categorie più a rischio secondo studi recenti sono gli uomini al di sopra dei 50 anni e i giovani tra i 15 e i 24 anni.

Per queste classi di età sono già disponibili degli studi accademici per lo più americani, che hanno registrato un aumento preoccupante del fenomeno.

L’ISS conferma che in Italia potrebbero superare la cifra di 4000 morti all’anno, calcolando una media di 24 persone ogni 100 mila abitanti.
In questo contesto si inquadra l’intervento quanto mai urgente dei servizi di prevenzione del suicidio e degli operatori del settore, quali psicologi, psicoterapeuti, psichiatri, medici di base.
Le previsioni sul rischio di suicidario per la pandemia riguarda anche gli anziani con età superiore ai 70 anni.
Ecco cosa si può e si deve fare per prevenire il suicidio e creare una rete di protezione sociale verso i soggetti fragili, in particolare quelli che sono già in cura per aver tentato di togliersi la vita.

Prevenzione del rischio di suicidio ai tempi del Covid

La prevenzione del rischio di suicidio ai tempi del Covid-19 coinvolge varie agenzie, che vanno dal settore della salute mentale a quello dei legami sociali per  includere anche l’ambito economico e dei mass media.

La domanda a cui rispondere è: perché si arriva a pensare al sudicio?

È molto importante cogliere quegli indizi preoccupanti da interpretare come richiesta istintiva di aiuto.

Persone che vogliono rimanere sole, che tendono a rompere qualsiasi contatto anche con i cari o esprimono un disagio nei confronti della vita con discorsi pessimistici, sono soggetti sui cui porre attenzione.

Hanno bisogno di aiuto e di speranza nel domani, anche se la loro mente ha cominciato a chiudere le porte alla possibile “rinascita”.
Il dialogo è fondamentale ed ecco perché si auspica l’implementazione della telemedicina e, per gli psicoterapeuti in particolare, della terapia a distanza per non rompere la continuità e l’esile filo dei contatti con il mondo esterno.

Molti non sono riusciti a riprendersi da quel senso d’impotenza e solitudine dopo i vari lockdown.
La causa è da ricercarsi in vari fattori, primo fra tutti nell’innaturalità della privazione della vita di relazione.

Se per alcuni ha giovato ritrovare gli affetti familiari, per altri anche la propria casa non ha più rappresentato il guscio di protezione dai pericoli.
In particolare per gli anziani, ha significato approdare a un senso d’inutilità della vita che ha portato anche a suicidi di coppia, temendo di lasciare solo l’altro/a e di non poter più in qualche modo aiutarlo.

La prevenzione richiede una rete protettiva che risponde a tutti quei bisogni, dalla socialità al sostegno psicologico ed emotivo, che si allarga anche alle agenzie sul territorio coinvolgendo il volontariato, in modo da ricreare e far avvertire la “presenza” delle persone e non il vuoto, sia materiale che affettivo.

Dopo un periodo così prolungato nel quale tutti siamo stati messi sotto pressione anche dall’informazione poco chiara e da un “bombardamento” mediatico ,che non sempre ha usato modalità consone a preservare la sensibilità dei più impressionabili, quella resilienza, dimostrata dalla società intera, per molti potrebbe venire meno.

La depressione e l’ansia sono tra i sintomi conseguenti alla pandemia e al periodo prolungato d’incertezza, che può lasciare il posto alla rabbia e a una ribellione autodistruttive.

Ecco perché si deve promuovere un decalogo di regole per la comunicazione mediata (su tv, telegiornali, internet, carta stampata), dove si utilizzano espressioni che non creino il panico nei soggetti più fragili.

Il ruolo degli psicoterapeuti ai tempi del Covid

In questa pandemia si è cominciato a parlare del ruolo fondamentale dei professionisti di salute mentale troppo tardi rispetto alla necessità di un servizio necessario quasi quanto le cure a livello fisico per il virus.

Di fronte al rischio suicidario ai tempi del Covid-19, gli psicologi e psicoterapeuti possono e devono giocare un ruolo fondamentale.
È auspicabile creare non solo l’assistenza da remoto, tramite incontri in video conferenza o per telefono, ma condividere e informare  con tutti i mezzi tecnologici a disposizione attualmente  per una cultura della prevenzione.

Parlare con un esperto del settore può fare la differenza per metabolizzare quello che è accaduto e sta ancora accadendo a causa del Covid-19.
Per gli adulti si tratta di avere un aiuto concreto rispetto alla manifestazione già presente di attacchi di panico, depressione, ansia, agorafobia (paura degli spazi aperti) e anche temere l’altro come potenzialmente pericoloso per la trasmissione del virus.

 

A questo si aggiunge anche l’incapacità di uscire senza essere accompagnati da qualcuno di cui ci si fida e la sensazione di una fame d’aria, tipica anche degli attacchi di iperventilazione improvvisi, che gettano nel terrore chi è interessato da questo fenomeno.

La manifestazione comune ai soggetti fragili è l’incapacità di provare piacere per la vita. Ci sono persone che hanno “esaurito” a livello chimico le scorte di serotonina, dopamina e noradranalina,  che inducono le sensazioni positive, in quanto il loro sistema emozionale ha subito un vero e proprio trauma dal quale è fondamentale “tirarli fuori”, come in una rinascita.

Per i giovani è importante affrontare la paura della perdita che incombe sui propri cari, in particolare genitori e nonni, a causa del Covid e il senso di perdita ritenuta irreparabile degli anni della loro giovinezza.

È difficile per i giovani affrontare l’impotenza e il non riuscire a trovare qualcosa o qualcuno che riesca a rassicurarli di un ritorno alla normalità di prima. Molti di loro soffrono la distanza forzata dai propri compagni e dal mondo della scuola o delle attività sportive e di svago. Bisogna riattivare quei meccanismi di curiosità e di scoperta, ma anche della possibilità di prospettive future che possono restituire la sicurezza e il conforto dei legami affettivi.

Rinforzare i servizi di accoglienza psicologica della medicina territoriale e telematica sarà la sfida dei prossimi anni e noi siamo pronti all’ascolto e alla prevenzione di tutte le problematiche emotive legate anche alla pandemia, come nel caso estremo del pensiero al suicidio.

 

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